Ipnocrazia e il potere dell’illusione
Ipnocrazia è un esperimento, come lo ha definito il suo ideatore Andrea Colamedici, che ha ipnotizzato molti che ci hanno creduto.
Confesso di averlo letto senza conoscere la storia di questo libro e di averlo trovato interessante.
Certo, qualche stonatura era evidente, ma ricordava molto lo stile di Byung-Chul Han e mai avrei pensato che il suo autore, il filosofo e teorico dei media Jianwei Xun, in realtà non esistesse affatto.
Sto parlando di Ipnocrazia, edizioni
, che ha riscosso un enorme successo, stampato più volte, molto recensito e diventato un caso in Francia, dove è stato particolarmente apprezzato.
«L’Ipnocrazia è il primo regime che opera direttamente sulla coscienza. Non controlla i corpi. Non reprime i pensieri. Induce piuttosto uno stato alterato di coscienza permanente».
Così inizia il libro e questa ne è anche la sua sostanza.
La tesi dell’autore è che stiamo vivendo in un’epoca in cui non conta tanto cosa è vero e cosa è falso, perché tutto è sfumato e viviamo in ambienti virtuali che proiettano realtà inventate o alterate, per cui passiamo continuamente da un mondo a un altro senza avere la percezione di un’oggettività.
Il termine “ipnocrazia” si riferisce a una forma di governo che non usa la forza ma la fascinazione, simboli, narrazioni, leader carismatici come Donald Trump o Elon Musk che riescono a costruire realtà alternative che non chiedono di essere credute, ma semplicemente vissute come vere.
Il potere di Elon Musk, più che nei suoi prodotti, risiede nel sogno di un mondo diverso che propone come possibile, fatto di colonie su Marte e menti connesse. Non importa se si realizzeranno o meno, quello che conta è l’attrazione che esercita sulla collettività. Prima di lui, già Steve Jobs aveva rivestito un ruolo analogo se pure in stato embrionale rispetto alle fantasie del fondatore di Tesla.
Lo stesso ha fatto Donald Trump con il suo “Make America Great Again”, con cui ha trascinato verso di sé le folle in un’ipnosi collettiva verso un passato idealizzato, che non è mai esistito se non nei miti americani offrendo l’illusione che si possa ripetere, come una sorta di ancestrale richiamo all’età dell’oro.
«Il capitale digitale ha compreso che il vero valore non sta nel controllo dei mezzi di produzione materiale ma nel controllo degli stati di coscienza», scrive Jianwei Xun.
Se i totalitarismi del Novecento puntavano al controllo fisico, le nuove tecnologie del dominio agiscono sulla coscienza, con algoritmi studiati per minimizzare il pensiero divergente. Il rapporto con gli strumenti elettronici diventa sempre più di tipo simbiotico, per cui i soggetti non vengono solo influenzati ma modificano la loro struttura e il loro modo di pensare interagendo con le piattaforme.
La soluzione offerta dall’autore non è la fuga, ma una presenza cosciente.
Non possiamo fare a meno di confrontarci con tutti questi mondi illusori che ci vengono offerti, in modo più o meno incisivo e più o meno inconscio, per cui la sfida è quella di essere consapevoli del fenomeno in atto e viverci dentro considerandolo per quello che è, e quindi prendendo le dovute distanze e adottando le dovute cautele.
Proprio nella consapevolezza e nella presa d’atto risiede la possibilità di salvezza per l’essere umano.
Una tesi intrigante che ci affascina e ci sentiamo fortunati di essere consapevoli e di poterci difendere dallo strapotere dell’Ipnocrazia, fino a quando non scopriamo che ci siamo caduti in pieno leggendo un libro che è una totale invenzione.
Non esiste né il filosofo Jianwei Xun, né il suo pensiero.
Ipnocrazia è un esperimento, come lo ha definito il suo ideatore
, che ha ipnotizzato molti che ci hanno creduto.Tra i primi a disvelare cosa ci fosse dietro è stato L’Espresso che, intervistando Andrea Colamedici, ha raccontato l’origine del libro, la sua progettazione, il suo sviluppo, le intenzioni del suo ideatore. Così scopriamo, non solo che Jianwei Xun non esiste, ma che Ipnocrazia ha due co-autore, perché oltre a Colamedici, ha contribuito alla scrittura anche l’intelligenza artificiale che non è stata solo un mezzo tecnico espressivo ma uno strumento di confronto.
Nell’intervista a L’Espresso Andrea Colamedici afferma che l’AI è un mezzo molto valido per potere realizzare opere di qualità se opportunamente guidata e controllata.
Il risultato è un’ipnosi in piena regola, una di quelle di cui parla il libro, che fa doppiamente riflettere, sia per il suo contenuto sia per la sua struttura e per la messinscena architettata che ci proietta in un teatro in cui siamo spettatori passivi e creduloni. Il linguaggio e lo stile narrativo hanno tutte quelle caratteristiche che l’autore attribuisce al potere dell’Ipnocrazia e contribuiscono allo scopo.
Questa lettura ci costringe, quindi, a fare i conti due volte con la nostra vulnerabilità.
Non basta più essere informati, ma bisogna allenarsi a riconoscere gli inganni e i trabocchetti, essere attenti oltre ogni misura. Non è sufficiente svegliarsi, bisogna imparare a restare svegli.